Sei in >> Capistrano >> Capistrano e 'u santu monacu - Il Santo Monaco padre Pasquale Onofrio Bongiorno
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Capistrano (VV), giovedì 2 febbraio 2023 ~ Ore : 18:53:25 • New York: 02/02/2023 12:53:25 • Tokyo: 03/02/2023 02:53:25 • Sydney: 03/02/2023 04:53:25
Settimana dell'anno n° 5 - Trimestre 1° [febbraio] Acquario ♥ ;-) • Giorni trascorsi da InizioAnno: 33 - Giorni mancanti a FineAnno: 332
Il sole sorge alle ore 07:22 e tramonta alle ore 17:26 - Presentazione del Signore (Candelora)
In una stanza silenziosa c'erano quattro candele accese. La prima si lamentava: «Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La seconda disse: «Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La terza candela confessò: «Io sono l'amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere». All'improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: «Ho paura del buio». Allora la quarta candela disse: «Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza». Il nome popolare di "Candelora", assegnato alla festa odierna della Presentazione del Signore, è legato alla benedizione e alla processione con le candele e fiorisce dalle parole del vecchio Simeone che così definisce Cristo: «Luce per illuminare le genti». Attorno al simbolo del cero acceso si sviluppa anche la parabola ebraica sopra sintetizzata: essa mette in scena simbolicamente la pace, che nella Bibbia è il grande dono messianico, e le tre virtù teologali. Anche in questo racconto al centro c'è un bambino, come il neonato Gesù del testo evangelico (Luca 2, 22-40): è lui a far sfavillare nuovamente le candele spente. Sì, perché sulla storia il sudario delle tenebre si allarga spegnendo le luci della pace, dono sempre sospirato, della fede che allarga gli orizzonti e dell'amore che riscalda la vita. Rimane l'ultimo filo di luce, quello della candela della speranza. Ad essa si rivolge il bambino per riportare in vita la pace, la fede e l'amore. Anche le nostre riflessioni quotidiane sono spesso segnate dallo sconforto e dal realismo che ci induce giustamente a non ignorare il male del mondo. Ma l'ultima parola dovrebbe essere sempre quella della speranza, «il rischio da correre, anzi, il rischio dei rischi» che riesce a far sbocciare la luce.
Don Pasquale Bongiorno, figlio di Pietro Maria e di Donna Giulia Sulco dei Duchi di S. Severina e degli antichi Patrizi della città di Crotone, nasce a Catanzaro nel 1819. Quale primogenito viene avviato agli studi giuridici presso la facoltà di giurisprudenza di Catanzaro, ma il temperamento dolce e meditativo, rivolto più alla spiritualità che alle vane cose del mondo fin da fanciullo, quando in età, prematura per i tempi, volle accostarsi alla prima Comunione, lo spinse ad entrare, a diciannove anni, nell'Eremo dei Padri Camaldolesi in Napoli, dove si sottopose di buon grado « al giogo delle regole e gustò la dolcezza della solitudine del chiostro », e fu ordinato sacerdote col nome di Onofrio.
Nell'Eremo dei Camaldoli rimase per ventisette anni di vita cenobita di contemplazione e di preghiera, fino a quando, con la costituzione del Regno d'Italia nel 1861, non fu costretto, per effetto della legge di soppressione degli Ordini religiosi e di incameramento dei loro conventi del 1866, a rientrare in famiglia, in Capistrano, dove per otto anni, condusse vita ritirata, pia ed ascetica, esercitando secondo le richieste dei penitenti, con sapienza e paternità, ilo ministero di confessore e di consigliere oculato e prudente, lasciando a tutti edificante esempio di dolcezza, serenità, rettitudine e riservatezza, tanto da rimanere, nei fedeli capistranesi e dei paesi vicini, dopo la sua morte, in concetto di santità. Infatti per molti anni essi hanno conservato, come reliquie, pezzettini del suo candido vestito di lana (l'abito camaldolese mai smesso), considerato talismano, per invocare la sua paterna protezione nei casi disperati di malattia o di sventura di qualsiasi genere. Per questo motivo, ancora oggi, il Padre è ricordato con l'appellativo di « santo Monaco ».
In occasione del suo trapasso terreno, avvenuto in Capistrano il 3 settembre 1874, fu
pianto da tutta la popolazione, la quale, per iniziativa del Canonico Prof. Francesco Manfrida, nel trigesimo del
decesso, gli volle tributare nuove, solenni onoranze funebri.
Il Canonico Manfrida vi lesse un commosso e deferente elogio funebre, in cui presenta « il venerato Padre
quale angelo nelo secolo, quale penitente nell'Eremo, quale ragguardevole personaggio nella famiglia »,
esaltando le eccelse virtù di mente e di cuore e lo spirito ascetico. Ed inoltre scrive: « Noi
conoscemmo un Santo, decoro della Chiesa e onore del paesello ». « Quando i suoi scritti verranno
alla luce, allora si vedrà quale fu la vita misteriosa del Solitario dei Camaldoli: un uomo che amò
Dio e lo cercò con impazienza il dì e la notte, lo glorificò tutta la vita, desiderò,
mentre visse di sposare a Cristo la sua anima ».
L'iscrizione dallo stesso Manfrida concepita e posta sul catafalco, sintetizza peraltro, l'eccezionale figura di
questo Eremita camaldolese:
Cercò Dio e lo trovò
macerando il corpo
colla penitenza
elevando loa mente
alle più alte contemplazioni.
L'avvocato Domenico Galati di Vallelonga, inolotre, scriveva, in quell'occasione, un carme, da cui stralciamo alcuni significativi versi:
... chiesi una spoglia
che accolsi cara e che mi strinsi al petto,
e nei miei mali Lui fidente imploro.
... è già comune dire
d'adorarlo per santo in avvenire.
Dei manoscritti di Padre Onofrio non si sa nulla, perché la biblioteca Bongiorno
venne incautamente ceduta ad ignoti antiquari.
Comunque, Padre Onofrio Bongiorno, pur essendo ignoto ai giovani, rimane vivo nel ricordo delle persone
anziane di Capistrano, che ancora oggi fiduciosi, lo invocano, nelle loro necessità materiali e
spirituali, come « santo Monaco ».
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Fonte: "Capistrano ieri e oggi" di Giovanni Manfrida - Calabria Letteraria Editrice
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