Sei in >> Santi Patroni >> Preghiere >> Arcidosso (GR) Chiesa di San Nicolò - San Nicola è il patrono di Arcidosso
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Festa dei Nonni
I nonni non muoiono mai: diventano invisibili e dormono per sempre nella parte più profonda del nostro cuore.
Ci mancano ancora oggi e daremmo qualsiasi cosa per ascoltare di nuovo le loro storie, per ricevere le loro carezze, per vedere quegli sguardi pieni di infinita tenerezza.
Sappiamo che la vita funziona così: mentre i nonni hanno il privilegio di vederci nascere e crescere, noi dobbiamo essere testimoni del loro invecchiamento e del loro addio al mondo. La loro perdita è quasi sempre il primo addio che abbiamo dovuto affrontare durante l'infanzia.
I nonni non scompaiono mai da questo mondo, essi diventano invisibili, dormono per sempre su quella che è la parte più profonda che appartiene al nostro cuore. Ancora oggi ci mancano, noi daremmo qualunque cosa per riaverli nuovamente vicino a noi, per ascoltare le loro storie, per ricevere carezze da parte loro, per vedere il loro sguardi che tanto ci mancano!
Sorta dentro la prima cinta delle mura, "sotto
l'antica rocca" come ricorda il Repetti, è probabilmente la Chiesa più antica di
Arcidosso. Una bolla del Papa Celestino II del 1143 - ed è
questo il documento più antico che possediamo - ricorda l'Ecclesiam S. Nicolai de Archidossu, come
dipendente del Monastero di Abbadia San Salvatore. Ma sulla Chiesa esercitò particolari diritti il Vescovo di
Chiusi, come documenta una Bolla di Papa Onorio III del
1218.
Fu infine Papa Clemente XIV con Bolla del giugno 1772 che
assegnò la Chiesa di San Niccolò, unitamente a quelle di San Leonardo e Sant'Andrea, alla Diocesi di
Montalcino.
Plebania fin verso la metà del Settecento, divenne poi, ed è tuttora, Arcipretura.
San Nicola di Bari, che Pietro Bargellini dice
«il San Francesco dell'Alto Medioevo, grazie ai suoi miracoli di delicata carità» visse
in Licia, nell'Asia Minore sotto il regno dell'imperatore Costantino. Al tempo delle invasioni turche
le sue reliquie furono portate a Bari, dove sono conservate nella cattedrale. Ma la fama del Santo
Protettore della nostra parrocchia è universale. Ed a lui si richiama la popolare figura di Babbo
Natale, il cui cappuccio di pelliccia ricorda la mitra vescovile in fatti San Nicola fu Vescovo di
Myra. E Santa Claus - il Babbo Natale della tradizione nordica - non è altri che Nikolaus;
San Niccolò.
Protettore anche dei marinai e degli scolari, è venerato per la sua carità soprattutto
verso i più deboli. (E Dante ricorda la dote di Lui gettata di nascosto nella casa di tre povere
fanciulle). Ed è in questa luce di carità che lo ha visto e rappresentato il pittore Mori
nell'affresco che adorna la nostra Chiesa.
I tre affreschi, opera di Marcello Mori,
di Castelfiorentino, svolgono, in tre diversi momenti, un unico discorso il cui motivo
fondamentale è il protendersi dell'uomo verso Dio. Il primo, anche in ordine di tempo, degli
affreschi, prende spunto dalle parole introduttive di Matteo al discorso delle parabole: Gesù,
uscito di casa, essendosi raccolta numerosa folla intorno a lui, sale sulla barca e parla
alla folla rimasta sulla riva. È lo spunto dal quale il Mori trae il suo racconto,
in una narrazione distesa e cromaticamente variata, nella quale la partecipazione della
natura alle parole del Maestro trova risalto in un movimento circolare che, partendo
dal volo impetuoso dei gabbiani, si risolve nella figura del Cristo.
Ma il centro della narrazione è nelle tre figure centrali, nelle quali la tensione interna
è espressa attraverso la forza del disegno; figure drammaticamente umane, in contrasto
con la lievità cromatica della narrazione, tutte rivolte e ciascuna in misura diversa, al divino. Il
discorso continua nell'affresco ispirato alla moltiplicazione dei pani: qui il paesaggio
si fa più arioso, la tensione si attenua. E non è difficile avvertire in quel paesaggio
una lezione toscana - ed antica - ma assimilata in modo personale. La narrazione
si esprime attraverso il colore ed il movimento; che è poi la partecipazione stessa
della natura, mentre le figure umane rimangono come attaccate alla terra, in questo
protendersi dell'umano al divino, che è anche lotta e sbigottimento.
Il tema pasquale del terzo affresco porta a compimento il discorso: se nel primo
è il contatto con la parola di Cristo, e nel secondo la partecipazione sbigottita
e commossa al miracolo, qui la resurrezione di Cristo si riflette su una natura
sconvolta, protesa tutta verso l'alto: ed è la voce di un'umanità che in Cristo
ha ritrovato se stessa, di una fede che è lotta interiore e dramma. Ma un dramma
rasserenato nel significato interiore del colore.
* * *
Autore : a.c. - Al tempo, nel 2004, notizie fornite dal parroco Don Franco Serri
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