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Un grande cuore che viene da lontano

Capistrano e San Nicola nel dopoguerra

di Salvatore Esposito

 

Belligna Fera in Iozzo

Belligna Fera in Iozzo

Non ricordo il giorno, ma il mese è quello di Giugno 1943. Imperversava la seconda guerra mondiale e lontano dai nostri piccoli paesi si combatteva. A causa della guerra, la crisi economica si faceva sempre più dura e le notizie provenienti dai vari fronti di combattimento che il regime dittatoriale forniva, non sempre veritiere, arrivavano più che tardive per i pessimi mezzi di comunicazione. A Capistrano, ad esempio, vi era soltanto una radio collocata nel locale Dopolavoro, gestito dai miliziani fascisti, ove si somministravano bevande varie, ma l'assoluta mancanza d'importazioni, si riduceva alla solita vendita di vino ed alla famosa "gassosa con la pallina" dall'inconfondibile gusto, prodotta dalla ditta Giancotti a Serra San Bruno.
In quei giorni, con l'avvenuto sbarco delle truppe anglo-americane in Sicilia, allora nostri nemici, anche nei nostri paesi incominciarono ad arrivare i soldati tedeschi, allora nostri alleati, per preparare il fronte di difesa dalle truppe sbarcate. Si incominciarono a vedere circolare sulle nostre strade tortuose (Statale 110 e Provinciale Monterosso - Capistrano - San Nicola), autocolonne di automezzi blindati e cingolati trasportanti armi di combattimento. Nei punti, ritenuti strategici dai tedeschi, si costruivano postazioni in ferro e cemento, oggi ancora visibili nella zona di Monte Cucco. Venivano minati i ponti più grandi e questa sorte è toccata ai due ponti più alti lungo la Provinciale Capistrano - San Nicola: quello vicino Capistrano, nella localitą "Vota" o "Picerni" attraversato dal fiume Angitola e costruito negli anni '20 e '30 del secolo scorso, e l'altro conosciuto come "Dumari" vicino San Nicola, attraversato dal Fellà affluente dell'Angitola.
È stato un giorno di domenica di quel mese di Giugno, fine anno scolastico, che il Circolo di Azione Cattolica di San Nicola da Crissa, ben organizzato e diretto da giovani studenti delle scuole di Vibo Valentia: Nicola Signorello, Vito Sanzo, Bruno Bosco, Nicola Gerardo Marchese ed altri, ha organizzato un Convegno, da tenersi presso la sede di San Nicola ed invitando a partecipare anche il gruppo di Azione Cattolica di Capistrano, mio paese. Accettammo l'invito e, sfidando il timore di dover passare, obbligatoriamente, non essendoci percorsi alternativi, sui due ponti ormai minati e guardati a vista dai soldati tedeschi con i mitra spianati, siamo andati tutto il gruppo di Capistrano composto da circa quindici giovani.
Io, essendo nato nel 1933, avevo solo dieci anni. Avevo già finito la scuola dell'obbligo, la quinta elementare, avendo eccezionalmente iniziato e frequentato la prima classe, con esito positivo, a soli cinque anni. Non dimentico i consigli di mia madre (mio padre, anche se dell'età di quarant'anni, era stato chiamato in guerra), circa il modo di comportarci con i soldati tedeschi durante l'attraversamento dei ponti minati. Non ricordo, comunque, di aver subito né io e né gli altri del gruppo, maltrattamento durante il passaggio. Ci hanno indicato il tracciato da percorrere in fila indiana, lontano dal pericolo delle mine da loro installate. In perfetto orario, quindi, siamo arrivati nella spaziosa sala del Convegno, situata dietro la Chiesa Parrocchiale. I saluti di rito, le presentazioni ed ognuno di noi pronto ad occupare il posto assegnato e seguire i lavori del Convegno. La mozione dei lavori era basata sull'Apostolato della Gioventù Cattolica e, soprattutto, sull'auspicabile pace nel mondo, e non poteva essere altrimenti, dato che vivevamo in piena guerra.
In quell'occasione sono stato attratto dalla bravura dei giovani dirigenti prima citati. Difatti, non poteva la mia opinione, molto positiva nei loro confronti, essere smentita. Negli anni che seguirono, infatti, ho avuto modo di avvalorarla. In occasione d'incontri successivi presso la Diocesi di Mileto (Tre giorni di A. C. Diocesana), diretta da Mons. Paolo Albera e poi da Mons. Enrico Nicodemo o la "Tre Giorni Regionale" di A. C. presso l'Eremo dei Frati Cappuccini di Reggio Calabria, ove io partecipavo quale rappresentante dell'A. C. di Capistrano, ricoprendo poi, la carica di Presidente. In tali incontri, ricordo benissimo, partecipava pure l'Ing.. Bruno Bosco che, in quel periodo ricopriva la carica di Presidente Diocesano di Azione Cattolica. Dai compagni di Liceo, dal personale diocesano e da quanti li avevano conosciuti, tutti sentenziavano ed elogiavano la loro intelligenza e bravura scolastica, nonché la loro quotazione di apostolato quali operatori di Azione Cattolica.
Quanto da me opinato da ragazzo, al primo incontro nella sala di San Nicola da Crissa, si è poi avverato nel tempo, ad eccezione del compianto Docente Universitario Prof.. Nicola Gerardo Marchese, dedicatosi particolarmente al mondo scientifico culturale con numerose pubblicazioni, gli altri (Signorello, Sanzo e Bosco) hanno fatto brillanti carriere politiche nelle fila della Democrazia Cristiana, all'epoca primo Partito in Italia. In particolare l'Onorevole Signorello, trasferitosi giovanissimo a Roma, è stato Sindaco della Capitale, Presidente della Provincia, Senatore e più volte Ministro.

Ritorniamo al nostro Convegno di Azione Cattolica, anzi, alle sue conclusioni e vivendo pure noi dei paesini in stato di belligeranza, non potevamo chiudere quei lavori che con un canto inneggiante la pace e con una preghiera auspicante la fine del conflitto ed il ritorno di tutti i padri di famiglia e giovani, dai vari fronti di guerra. Dopo il canto noi forestieri, in cuor nostro, aspettavamo di dare il saluto di commiato a tutti i colleghi e anche se stanchi, e perché no, pure affamati, ritornare a Capistrano dalle nostre famiglie.
Non fu così. Ancora una volta abbiamo potuto constatare l'eccellente organizzazione. Ogni Giovane dell'Azione Cattolica sannicolese ha invitato e portato a casa sua per pranzare, un collega di Capistrano. Nessuna esitazione o incertezza ad accettare, quindi, con una sola battuta di mano sulla spalla dell'ospite, il giovane di San Nicola, si portava un ospite presso la propria famiglia per ristorarlo. A me è capitata la famiglia del giovane Toto Iozzo (poi valente componente la banda musicale della Finanza) che era il figlio della seconda moglie di Michele Iozzo, persona molto conosciuta e assai stimata nell'ambiente capistranese, per il motivo che in quel territorio aveva la guardiania ed amministrava, quale Fattore, i terreni di proprietà dei Murmura di Vibo Valentia. A parte l'indescrivibile e da me inaspettata accoglienza da parte dei familiari del collega, sulla tavola vi era il ben di Dio. Tutta roba genuina preparata in casa. Un primo piatto di tagliatelle all'uovo ben informaggiato col pecorino locale e condito con ragù di capra. Un secondo piatto di carne di capra con contorno di verdure, sottaceti e melanzane ripiene, frutta di stagione ed ottimo vino, anche se da ragazzi bevevamo poco o niente alcool. Il tutto preparato con grande competenza e servito a tavola con altrettanto cuore aperto dalla mamma del collega Toto Iozzo che non dimenticherò mai.
Sono cose da non dimenticare... In quel periodo di carestia alimentare, anche a causa della guerra, i generi alimentari di prima necessità (pane, pasta, zucchero, sale ecc.) erano stati razionati dal Governo. Ogni famiglia deteneva una tessera detta "Annonaria", rilasciata dal Comune di residenza, quale gestore del servizio di "annona". Sulla tessera erano riportati tutti i componenti il nucleo familiare con i cedolini che quantificavano i generi alimentari da poter prelevare ogni quindici giorni, presso il proprio rivenditore. Se non si era cauti e soprattutto parsimoniosi, nel ritiro e consumo della merce, esauriti i quindicinali cedolini, bisognava o rassegnarsi a patire la fame o, avendo i soldi per poterlo fare, ricorrere ai ripari. E come ? ... Comprando il necessario dai cosiddetti contrabbandieri. Ecco perché tutte le famiglie Sannicolesi, che si sono caricate di un altro componente estraneo, per il pranzo di mezzogiorno in quell'occasione, meritano riconoscenza ed un grazie di cuore da noi Capistranesi. Se capiterà a qualche giovane, nato dopo gli anni '60 o '70, di leggere questo mio modesto scritto, potrebbe obbiettare che ho scritto tanto per mettere in risalto una mangiata o, aggiungendo gli altri amici, quindici mangiate di pasta e carne. La risposta che io anticipo è che quel pranzo, preparato con tanti sacrifici e servito a cuore aperto, non aveva il solo succulento e gustoso sapore per il palato, ma soprattutto aveva il sapore inconfondibile della convivialità della famiglia sana e aggregata, di cui oggi vi è tanto bisogno.
Anche per i Convegni, oggi è tutto cambiato. Prima si tenevano nelle sale degli Oratori, oggi si tengono nelle sontuose sale degli Hotels e ristoranti attrezzati con servizi e tecnologia. È giusto che l'acqua scorra ma non pensate che qualcosa di prezioso ci manca?
Siamo arrivati al tardo pomeriggio di quell'indimenticabile giorno quando, riaccompagnati ognuno dal proprio collega che lo aveva invitato, ci siamo tutti ritrovati nella Piazza davanti la Chiesa, pronti per rientrare a Capistrano. I saluti, i ringraziamenti ed il ritorno a casa, ripassando sui due ponti minati. Durante l'ora di cammino ognuno di noi esprimeva agli altri il proprio giudizio sull'ospitalità e trattamenti avuti presso quelle famiglie. Chiudo queste mie righe, ricordando anche le altre numerose famiglie e personalità Sannicolesi che ho avuto modo di apprezzare in loco ed all'estero. Il filo non si è interrotto. L'accoglienza e l'ospitalità è un marchio dei Sannicolesi. E noi, dopo circa 70 anni, siamo qui a non dimenticare.

 

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Tratto da "La Barcunata", dicembre 2012, periodico di Storia, Antropologia e Tradizioni - Fondato nel 1995 da Bruno Congiustì

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