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Capistrano (VV), giovedì 2 febbraio 2023 ~ Ore : 19:52:16 • New York: 02/02/2023 13:52:16 • Tokyo: 03/02/2023 03:52:16 • Sydney: 03/02/2023 05:52:16
Settimana dell'anno n° 5 - Trimestre 1° [febbraio] Acquario ♥ ;-) • Giorni trascorsi da InizioAnno: 33 - Giorni mancanti a FineAnno: 332
Il sole sorge alle ore 07:22 e tramonta alle ore 17:26 - Presentazione del Signore (Candelora)
In una stanza silenziosa c'erano quattro candele accese. La prima si lamentava: «Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La seconda disse: «Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La terza candela confessò: «Io sono l'amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere». All'improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: «Ho paura del buio». Allora la quarta candela disse: «Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza». Il nome popolare di "Candelora", assegnato alla festa odierna della Presentazione del Signore, è legato alla benedizione e alla processione con le candele e fiorisce dalle parole del vecchio Simeone che così definisce Cristo: «Luce per illuminare le genti». Attorno al simbolo del cero acceso si sviluppa anche la parabola ebraica sopra sintetizzata: essa mette in scena simbolicamente la pace, che nella Bibbia è il grande dono messianico, e le tre virtù teologali. Anche in questo racconto al centro c'è un bambino, come il neonato Gesù del testo evangelico (Luca 2, 22-40): è lui a far sfavillare nuovamente le candele spente. Sì, perché sulla storia il sudario delle tenebre si allarga spegnendo le luci della pace, dono sempre sospirato, della fede che allarga gli orizzonti e dell'amore che riscalda la vita. Rimane l'ultimo filo di luce, quello della candela della speranza. Ad essa si rivolge il bambino per riportare in vita la pace, la fede e l'amore. Anche le nostre riflessioni quotidiane sono spesso segnate dallo sconforto e dal realismo che ci induce giustamente a non ignorare il male del mondo. Ma l'ultima parola dovrebbe essere sempre quella della speranza, «il rischio da correre, anzi, il rischio dei rischi» che riesce a far sbocciare la luce.
A volte ci si chiede cos'è il Paradiso. La domanda me la sono posta il
giorno della canonizzazione di Madre Teresa, in Piazza San Pietro, al Vaticano, sotto un cielo maestosamente azzurro. Mi è
bastato alzare lo sguardo perché mi scorressero davanti agli occhi, sorridenti e felici, migliaia e migliaia di poveri, non più
derelitti, ma immersi in una luce di Resurrezione. Essi, accanto alla "Madre", inneggiavano un canto nuovo. In fondo, Madre
Teresa, aveva afferrato bene le parole del Maestro: «... Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino ... chi
ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita» (Ap. 22,16).
Tutti i poveri che Madre Teresa aveva dissetato (I'm Thirsty), gioivano e festeggiavano con Lei. La nuova santa ha centrato il cuore
di tutto il Vangelo: la Carità. È vero, infatti, che saremo giudicati sulle parole del Vangelo scritte da Matteo al capitolo
25: «Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché
ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt. 25,34-36). Ogni fibra della persona di Teresa di Calcutta emanava
amore per i poveri. Ha aperto i suoi occhi sulla sofferenza e l'ha colorata dal volto di Cristo; l'ha bagnata di acqua fresca: quella della vera
vita. Ora, la "Madre" è stata glorificata ed è accaduto in questo nostro tempo dove, in tanti, s'inchinano agli idoli
del momento restando schiavizzati. La santa di Calcutta era, invece, libera perché interiormente povera di quella povertà che
dà spazio solo alla sete della condivisione. Madre Teresa ha avuto la fortuna di avere una mamma terrena che le ha indicato la strada
della solidarietà, dello spezzare il pane con il fratello, e, lei, si è messa in cammino, perché ci deve essere sempre
qualcuno che indichi la direzione giusta, che insegni ad amare. In Madre Teresa l'ardore missionario ha raggiunto vette altissime, scalate
tutte con il sorriso della beatitudine stampato sul suo volto dolcissimo.
Sotto il sole cocente di Piazza san Pietro ascoltavo, commossa e felice, l'omelia del Santo Padre che ha iniziato rivolgendo ai presenti e
a tutto il mondo, una domanda: «Chi può immaginare cosa vuole il Signore? Il nostro compito è quello di percepire la
chiamata di Dio e poi accoglierla. Dobbiamo chiederci cosa piace a Lui». E allora anch'io mi sono chiesta cosa ci facevo là,
nonostante il caldo, nonostante la stanchezza, continuavo a sentirmi in Paradiso, con la voglia di pregare e di cantare, con il desiderio di
baciare mille e mille volte le mani callose, rugose ma meravigliosamente belle di Madre Teresa. Ripensavo ad alcuni scritti della santa,
attualizzandoli in quel contesto, e, ho dedotto che per entrare in Paradiso bisogna essere anche forti e volitivi, armati di quella fede pura
che viene direttamente da Dio. In particolare ho ricordato delle frasi che la Madre ha rivolto a noi donne incitandoci a non smarrire la
forza che abbiamo dentro: «Corri, se non puoi correre cammina, se non puoi camminare usa il bastone ma non fermarti mai!».
Papa Francesco, dunque, domenica scorsa, ha consegnato a noi presenti, come modello da imitare, la santa di Calcutta. A lei ho chiesto
l'aiuto, perché in questi tempi di forte carenza spirituale, si riesca ad attualizzare il suo bellissimo sogno "... Dio ha tanto
amato il mondo da dare il suo unico Figlio. Dio ancora ama il mondo e invia te e me per essere il Suo amore, la sua compassione
per i poveri".
Monterosso Calabro 08/09/2016 | Esposito Barbara |
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Barbara Esposito
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